VENEZIA 15-16 MAGGIO 2012 ORE 20.00 TEATRO CA’ FOSCARI A SANTA MARTA
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per un teatro universitario
Storia filosofica dei secoli futuri
Ippolito Nievo scrive Storia filosofica dei secoli futuri nel 1859.
E come succederà per altri importanti scrittori dopo di lui, quali Buzzati o Calvino, entra con quest’opera in un campo considerato minore, che ha a che fare con la fantascienza letteraria.
In realtà, con questo testo siamo di fronte ad un “divertissement “che anticipa, a volte in modo inquietante, molti fatti storici futuri tra i quali l’unificazione d’Italia, la nascita dell’Unione Europea, la laicizzazione della cultura, lo scoppio delle guerre mondiali, l’invenzione dei robot, la diffusione dei narcotici … e un profondo senso di noia che un mondo perfetto – per un’umanità che perfetta non è e mai lo sarà – non può che portare con sé.
Al di là di una visione progressista che vede un equilibrio tra scienza, tecnica e industria, Nievo si muove tra l’’ottimismo del “nuovo” e il pessimismo legato ai limiti della natura umana e conclude con il dire che l’umanità può distruggersi tanto negando quanto entrando con troppa fiducia nello spirito tecnico-scientifico. Lo dice però mantenendo sempre uno sguardo poetico verso la storia, condizione che in un letterato dell’800, non può e non deve mancare.
Ma qual è il racconto che ci propone?
Abbiamo due narratori:
Ferdinando de’ Nicolosi, filosofo chimico vivente e scrivente nell’anno 1859, che lavora non sulla logica galileiana della sperimentazione, ma sul concetto di analogia – come le rose in una serra anche il pensiero umano può fiorire anticipatamente – e Vincenzo Bernardi di Gorgonzola, vivente e scrivente nell’anno 2222.
In un momento di “illuminazione” il personaggio de’ Nicolosi :
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prende mezz’oncia di fosforo (che crea processi mnemonici) e una dramma di plutonio, e dopo averli mescolati ben bene,
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toglie quella particella infinitesima che forma lo strumento passivo dell’intelligenza,
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diluisce l’arcano in una bottiglietta di buon inchiostro,
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versa l’inchiostro sopra una carta satura di volontà e pensiero
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e ne ricava due pagine di un nero lucente e perfettissimo …
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poi, assoggettando quella carta alla temperatura media condensata e avvicendata di trecentosessantatre inverni e di trecentosessantatre estati, opera il miracolo
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e, come su un negativo fotografico alle levature del nitrato d’argento, assiste alla comparsa su quella carta di alcune lettere, poi di intere parole, poi di un’intera storia che… viene narrata e scritta a ritroso da un secondo narratore Vincenzo Bernardi di Gorgonzola.
Quella di Nievo è una scienza sui generis.Tutta la narrazione degli eventi storici è piuttosto approssimativa, ma il secondo narratore Bernardi di Gorgonzola dal suo 2222, se ne scusa, dicendo che tutti i libri prima del 2000 sono stati distrutti in seguito ad una decisione del patriarca della repubblica universale…
Nievo immagina ovviamente battaglie vittoriose, che, comunque, al di là della visione storica anticipatrice di eventi politici determinanti per il nostro paese, sottolineano la lotta tra due diverse concezioni del mondo, quella emersa con la rivoluzione francese e la tradizione clerico-feudale.
E se nei cinque libri in cui è diviso il testo si susseguono suggestive riflessioni storiche e evoluzioni tecnologiche, nel quarto c’è un vero e proprio spaccato della nostra contemporaneità: l’invenzione dei robot, creati da un certo Jonathan Gilles, meccanico e poeta di Liverpool.
L’uomo che crea l’uomo si sostituisce agli dei? Abbiamo un nuovo Leonardo da Vinci? Ma questo mondo perfetto, così idealizzato, è davvero quello che l’uomo vuole … ? Oppure nella storia dell’uomo risolto un problema se ne presenta subito un altro? E’ l’infelicità la vera costante della razza umana?
Questo testo, considerato minore e poco studiato dagli studiosi di Nievo, offre in realtà degli spunti straordinari, in cui possiamo entrare da diverse angolazioni.
Ed è questo il motivo che ci ha fatto pensare che pur trattandosi di un testo antiteatrale per eccellenza una trasposizione in termini teatrali poteva diventare un’occasione per sperimentare alcuni giochi scenici spazio/temporali, stimolanti nell’ accompagnare questo intreccio narrativo, che nella sua capacità di entrare e uscire dal tempo e dallo spazio può sconfinare nei labirinti contemporanei dell’ipertesto.
.Approfondire una gestualità capace, come oggi ci dice la scienza, di lavorare su due realtà narrative contemporaneamente, ci ha permesso di scoprire varie ipotesi drammaturgiche, in cui alla tecnologia del 2222, trionfo visionario per noi della leggerezza dell’effimero e del virtuale, si è alternata la visione storica di un reale 1859, capace di sublimare la propria natura con uno sfondamento nel futuro, che è però il nostro passato.
Con una ventina di ragazzi, intellettualmente curiosi e fisicamente vivaci, è cominciata cinque mesi fa la sfida a questo testo e alla sua messa in scena, guidati da un unico obiettivo: quello di fare, con Cantiere Ca’ Foscari, ricerca. Tra parola, visione, gesto, emozione, video, musica, pensiero e storia.
Giocando come Nievo tra passato e futuro abbiamo portato con noi i fantasmi di grandi maestri come Mnousckine, Ejzenštejn, Bausch, Wilson, Svoboda, citazioni diverse per diverse soluzioni, mentre un compositore veneziano, Paolo Furlani, dedicava al Cantiere una scheggia di musica impazzita dentro alla bolla del videogame Gioventù ribelle, da noi utilizzato nel V libro e prodotto nel 2011 dal Ministero della Gioventù per i 150 anni delle celebrazioni dell’Unità d’Italia.
La voce femminile di Chiara Clini, che risponde al nome di Vincenzo Bernardi di Gorgonzola è un omaggio a Nievo e alla sua capacità di leggere con grazia la vita nella sua totalità, il coinvolgimento dei professori e degli studenti del laboratorio di Green Chemistry, presenti nel IV libro, è il frutto invece della consapevolezza condivisa che soltanto insieme possiamo tentare di vincere le grandi sfide della contemporaneità, imparando a scambiarci le reciproche conoscenze.
La Fondazione Nievo, da Roma, con il suo Segretario Generale Mariarosa Santiloni, ci ha seguito in quest’avventura con entusiasmo e passione.
Tutto questo, e anche di più, è stato in questi mesi Cantiere Ca’ Foscari nel teatro di Santa Marta, spazio che ci piace pensare, in quanto teatro universitario, come luogo libero capace di produrre e sperimentare non solo nuove modalità legate alla scena teatrale, ma anche e soprattutto nuovi impulsi verso la comunicazione culturale, che quest’epoca di grandi cambiamenti strutturali deve poter rimettere al centro della propria attenzione.
Elisabetta Brusa
Docente di Teoria e pratica del linguaggio teatrale.