Ippolito Nievo: il giornalista
Per oltre un secolo, gli scritti giornalistici di Ippolito Nievo hanno attratto poco l’attenzione dei critici e degli studiosi, quasi che i circa trecento interventi ( noti) su giornali e periodici, usciti tra il gennaio del 1853 e il febbraio del 1861, a Udine e a Milano, a Mantova o a Padova, come pure a Venezia, a Brescia e Firenze fossero una produzione di poco conto.
Eppure proprio i numeri testimoniano, l’intensità e la continuità delle collaborazioni giornalistiche di Nievo, le cui prime precoci e saltuarie esperienze sono ormai irreperibili.
Negli anni ’50 del secolo scorso, Folco Portinari1 curò una prima raccolta di articoli apparsi su «Il Pungolo» e «L’uomo di Pietra»– importanti giornali satirici milanesi – tra il 1857 e il 1860. Più recentemente, nel 1996, Ugo M. Olivieri2 ha pubblicato una silloge ampia e articolata di scritti giornalistici apparsi su testate diverse.
Manca ancora un’edizione completa di tutti gli articoli ma soprattutto si attende di conoscere «l’esatta consistenza della sua collaborazione»3. Impresa non facile perché, in qualche modo, è stato lo stesso Nievo, senza volere, a rendere le cose difficili, intervenendo spesso anche su giornali di breve vita diventati ormai introvabili, e contemporaneamente celandosi dietro pseudomini sempre diversi e usati poche volte. Vogliamo ricordarne qualcuno: Todero, Un Sabeo, Sssss e Quello dell’Altra Volta, solo per L’Uomo di Pietra, “…vere e proprie maschere d’autore attraverso cui Nievo conversa con un lettore ideale, individuato socialmente e ideologicamente.”
Nel suo insieme, la “collaborazione” è stata quanto mai varia e gli ha permesso di sperimentare forme diverse di scrittura – poesia e teatro, pezzi di costume e cronaca musicale, corrispondenze, novelle e saggi politici – che riprenderà poi nella stesura delle Confessioni, con struttura aperta a «quella contaminazione tra lingue sociali e lingue della rappresentazione artistica…» 4 Nievo si rende conto della necessità di confrontarsi con il mercato editoriale per comunicare con un pubblico nuovo, ma lo fa mantenendo una posizione di distanza e di personale autonomia, riluttante a “incasermarmi nella redazione di un giornale”.
L’inizio è da lettore, appena ventenne, scritti polemici in forma di lettere che invia al giornale bresciano «La Sferza», su cui era apparso un attacco violento contro gli studenti di Padova: « Io sono studente; e come tale ho la mia parte in tutto ciò che di bene e di male si dice degli studenti».5 Replica Nievo. Un vero impegno civile quello del giovane Ippolito che non accetta le parole di condanna del direttore del giornale, dettate solo da vecchi pregiudizi.
Nel periodo tra il 1853 e il ’54 pubblica con assiduità poesie, spesso d’intonazione satirica, su «L’Alchimista friulano» – settimanale di Udine di economia e agronomia, ritenendo, come il Giusti, che il poeta debba avere un’utilità sociale. Ma L’Alchimista è pure il giornale dei primi pezzi giornalistici, inizia con un necrologio cui seguiranno Studii sulla poesia popolare e civile massimamente in Italia e Un capitolo di storia, scritto che si pone tra narrazione e cronaca.
Dal 1855, pubblica versi anche su «Il Caffè» – Gazzettino di Lettere, Arti, Scienze, Industria, Teatri ed Annunzi – giornale che esce nella capitale Milano, ed estende in seguito la collaborazione anche a novelle, corrispondenze e cronache. È orgoglioso dell’esordio poetico e nelle lettere agli amici lo ricorda volentieri.
Sempre nel 1855 accetta l’invito a collaborare con il settimanale fiorentino «L’Arte» in qualità di critico musicale, come scrive all’amico Andrea Cassa.
Per il giornale agrario mantovano «La Lucciola»,pubblica, tra l’altro,la novella La nostra famiglia di campagna,a puntate, che in alcuni momenti della storia sembra riprendere il dibattito sulla questione contadina, presente sulle stesse colonne del giornale, e la recensione del volume, uscito anonimo, Storia d’Italia narrata alle Donne, di Carlo Tenca.
Ippolito è entusiasta dell’opera, un solo rimprovero muove all’autore – a cui riconosce la bontà dell’idea per educare ” il cuore e la mente” delle donne – di non aver dato nel racconto degli eventi storici abbastanza spazio proprio alle donne. Nel calibrare, come fa solitamente, il tono della recensione sul pubblico (femminile) cui è rivolta, Nievo arriva a fingersi donna lui stesso firmandosi con uno lo pseudonimo Quirina N.
Nel 1856, escono a puntate e su giornali diversi, alcune novelle rusticali quali Il Varmo su «L’Annotatore friulano» di Udine, L’Avvocatino e La viola di San Bastiano sul «Panorama universale » di Milano, Il milione del bifolco e Le maghe di Grado su «La Lucciola» di Mantova
Nel 1857 si trasferisce a Milano, probabilmente anche per i continui e intensi rapporti con il mondo giornalistico locale. Dall’anno seguente è collaboratore fisso di due importanti testate «Il Pungolo» e «L’uomo di Pietra», di quest’ultimo ne dà alla madre l’indirizzo per la corrispondenza.
La collaborazione con «L’Annotatore friulano» gli permette di continuare ad interessarsi alla questione contadina, la recensione intitolata Il Catechismo del mio fattore (novembre 1858) che fa al Manuale di agronomia dell’amico Attilio Magri, è un’occasione per sottolineare che la miseria patita dai contadini era l’ostacolo principale a qualsiasi tentativo di educarli.
Pensiero ripreso e approfondito l’anno dopo nello scritto Rivoluzione politica e rivoluzione nazionale. “
Stupisce la chiarezza e la profondità con cui il giovane Ippolito si accosta a queste problematiche dove si scontano i limiti del paternalismo della borghesia risorgimentale che riteneva di far precedere l’educazione e la predicazione alla consapevolezza economica dei problemi contadini.
Nella varietà delle collaborazioni, Nievo accetta anche di scrivere per le più diffuse ed eleganti riviste femminili di moda, ricamo e letteratura di proprietà dei Lampugnani che si pubblicano a Milano: «Le Ore casalinghe» e «La Ricamatrice», cui seguirà il «Corriere delle Dame». Inizialmente – e alla fine nel 1860, prima della spedizione in Sicilia – l’apporto è solo poetico, ma progressivamente diverrà più specificamente giornalistico, per meglio dire di divulgazione culturale. Scrive articoli su La Russia, Il poeta Bürger, Il mondo delle acque, e in traduzione da Victor Hugo, Victor Hugo e il Quarto libro delle sue Contemplazioni, solo per fare qualche esempio. Queste collaborazioni gli permettono di portare avanti una tematica che gli sta molto a cuore, l’emancipazione femminile, la necessità che le donne partecipino in prima persona nel rinnovamento di una società che si avvia a diventare nazione.
Fra le svariate altre collaborazioni di Ippolito Nievo, vorremmo infine ricordare – degli ultimi due anni della sua vita – i cinque articoli apparsi, tra gennaio e febbraio 1860, su «L’uomo di Pietra», in cui usa la scrittura pubblica, giornalistica, come strumento forte e aspro di lotta politica, e la pubblicazione del Giornale della spedizione di Sicilia, in supplemento straordinario, sul«Pungolo» del luglio 1860. A cui si aggiunge il Resoconto amministrativo della prima spedizione in Sicilia, per il quale chiede ospitalità a «La Perseveranza», diretto da Pacifico Valussi, a cui Nievo indirizza anche una lettera aperta, per rendere pubblico il rendiconto amministrativo dell’Intendenza garibaldina della gestione sua e di Acerbi.
«La Perseveranza», oltre ad essere il maggior organo di informazione disponibile, era il giornale che si era fatto promotore della sottoscrizione nazionale per la Sicilia, dando regolarmente conto dei versamenti al comitato milanese.