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I PARCHI LETTERARI "NELLA DIMENSIONE DEL VIAGGIO" - IL
CIBO
Il viaggio non poteva concludersi senza aver parlato del
piacere delle tavola che in questa terra di meraviglie
continua a stupire il senso del gusto oggi come
allora...
“L’abbondanza delle tavole degli agrigentini era
famosa in tutto il mondo”
(Empedocle)
L’intreccio dei percorsi con le specialità gastronomiche
dei singoli siti.
“La cucina agrigentina presenta una ricca e
gustosa varietà, dovuta sia alle influenze, anche in
campo gastronomico, delle dominazioni che si sono
succedute sul territorio, sia alla diversità fra le
varie zone della provincia.
Nelle zone costiere e nelle Isole Pelagie la tradizione
culinaria è naturalmente legata al pesce e al mare,
mentre nell'entroterra e nelle zone montane la
prevalenza dei prodotti della terra - le arance
di Ribera, la pesca di Bivona, l'uva di
Canicattì, il melone cantalupo di Licata, le
olive e l'olio di Caltabellotta, Burgio e
Lucca Sicula - si arricchisce con quelli dell'attività
pastorale, quali carni e formaggi, freschi e
stagionati, di Cammarata, S.Giovanni Gemini e
S.Stefano di Quisquina.
Nel
primo caso, fra i piatti tipici, si annoverano la
minestra di seppie, da gustarsi a Siculiana Marina,
la sogliola alla saccense a Sciacca, le
polpette di sarde a Licata, e, nella lontana isola
di Lampedusa, gli spaghetti all'isolotto e il
dentice al forno con brodo di carne. Ancora più
ricca e varia la gastronomia dell'entroterra e delle
zone montane: la pasta di S.Giuseppe a Ribera,
quella coi carciofi a Menfi, con fave e
ricotta a Montevago, coi ceci a Favara; i
cavatelli all'agrigentina; il coniglio
all'agrodolce a S.Angelo Muxaro, la stigghiola
a Racalmuto, "u pitaggiu" a Castrofilipppo" e,
forse le specialità più originali della provincia di
agrigento, il "macco" di Raffadali e il "tagano"
di Aragona.
A ciò si aggiunga una produzione vinicola che negli
ultimi anni ha conosciuto sempre più numerosi e
significativi riconoscimenti.
Nella pasticceria, dominano in tutto l'agrigentino, la
ricotta e le mandorle: cassatelle a S.Margherita
Belice e "minni di virgini" nella vicina Sambuca,
biscotti ricci e quadrelli di mandorla e pistacchio a
Canicattì; rara specialità del capoluogo è il
couscous dolce, mentre il gelato al melone si
può gustare nel piccolo centro di Joppolo Giancaxio.”
(dal libro "Itinerari gastronomici nell'agrigentino"
Ed.Camera di Commercio di Agrigento).
Patrick Brydone, “Viaggio in Sicilia e a
Malta”
Si riporta la descrizione di un pranzo offerto al
Vescovo di Girgenti Antonio Lanzi dalla nobiltà
agrigentina, a cui lui stesso partecipò. Una brillante
pagina di letteratura che è anche una testimonianza
sugli usi alimentari delle classi più ricche della città
nella seconda metà del settecento:
“Pranzammo insieme al Vescovo, come si era deciso, e
ci alzammo da tavola convinti che gli antichi
agrigentini non potevano conoscere la vera arte del
banchetto meglio dei loro discendenti, ai quali hanno
trasmesso una buona dose delle loro virtù e dei loro
vizi di società. ... A tavola eravamo esattamente in
trenta, ma sulla mia parola non credo che i piatti siano
stati meno di un centinaio. Erano tutti guarniti con le
salse più succulente e delicate, che non ci lasciarono
alcun dubbio sulla verità del vecchio proverbio romano
Siculus coquus et sicula mensa: esso non è meno valido
ora, che a quei tempi. Non mancava nulla di ciò che può
stimolare e stuzzicare il palato, nulla di quello che si
può inventare per creare l’appetito dove non c’è, nonché
per soddisfarlo. Durante il convito furono serviti
alcuni dei piatti preferiti dagli epicurei romani,
proprio gli stessi: in particolare le murene, così
spesso menzionate dagli antichi autori. ...
...Ma
mi accorgo di avere omesso vari particolari del
banchetto. Avrei dovuto dirti che si trattava del
convito che la nobiltà di Agrigento offre ogni anno in
onore del Vescovo. Era imbandito in un immenso granaio
sulla riva del mare pieno a metà di frumento: un sito
scelto apposta per evitare il caldo. Il vasellame era
tutto d’argento. La frutta venne portata in tavola quasi
tutta con la seconda portata, un sistema senz’altro
migliore del nostro, anche se ci parve strano. Il primo
piatto che passò in giro era di fragole. I siciliani
furono molto sorpresi nel vedere che noi le mangiavamo
con panna e zucchero; tuttavia, dopo un assaggio,
trovarono che la combinazione non era affatto male. Il
dessert consisteva di frutta di ogni tipo. I gelati,
ancora più svariati, erano in forma di pesche, fichi,
arance, noci, eccetera, e la somiglianza col frutto era
tale, che chi non fosse abituato ai gelati poteva
benissimo cadere in inganno.
...Verso le sei prendemmo cordialmente congedo dai
nostri allegri amici di Agrigento e ci imbarcammo sulla
speronara nel porto nuovo”.
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